Il Dr. Erickson è stato il padre dell’ipnosi moderna. Mi sento di affermare, certo di non essere il solo, che l’opera di quest’uomo ha avuto lo stesso impatto sull conoscenza della psiche che ha avuto Sigmund Freud nel secolo precedente.
Concepì l’inconscio, ovvero tutto ciò che non è direttamente accessibile alla coscienza, come una miniera piena di risorse e vitalità e non come un serbatoio di conflitti paure e tensioni. Queste risorse sono fondamentali per l’evoluzione degli esseri umani verso i propri obiettivi. Il lavoro di Erickson pose inoltre le basi per molte altre teorie e pratiche psicoterapeutiche come la psicoterapia strategica e più in generale la psicoterapia breve. Ad Erickson furono attribuiti molte eetichette, lui, chiamava il suo modo di fare psicoterapia, semplicemente “terapia”.
Erickson fu membro della Associazione Americana di Psichiatria, di psicopatologia e di psicologia; fondatore della Società americana di ipnosi clinica.
Storie che curano
Frequentemente il Dr Erickson raccontava storie o aneddoti. A volte si trattava di storie bizzarre, o apparentemente poco appropriate al contesto, o comunque, storie che potessero porre l’ascoltatore in una posizione nella quale necessariamente sarebbero sorte domande. Perchè mi racconta questa storia? Cosa voleva dirmi?Ce significato ha pre me? Cosa posso imparare da questa storia? Queste “storie” non erano ovviamente fini a sè stesse, servivano ad aiutare le persone. Servono per ampliare i punti di vista e trovare nuove soluzioni per vecchi problemi. Scopo della terapia non può essere quello di elargire delle soluzioni preconfezionate, piuttosto, quello di aiutare le persone a trovare la loro propria soluzione. Le risorse presenti nell’inconscio di ognuno, sono esattamente quelle che consentono di avere una naturale spinta verso l’autoguarigione. Non è possibile sapere a priori come avverrà la guarigione, ma è necessario avere fiducia nel fatto che ognuno abbia la capacità di “guarire”.
Il cavallo del dr. Erickson
Un giorno stavo tornando a casa da scuola, quando un cavallo, che era scappato con le redini sulla groppa, superò un gruppo di noi ed entrò nel campo di un contadino alla ricerca di un po’ di acqua da bere. Sudava abbondantemente, e il contadino non l’aveva visto, cosicché lo catturammo noi.
Io saltai in groppa al cavallo e, visto che aveva le briglie, presi in mano le redini e dissi:”Hop! Hop!”, indirizzandolo verso la strada. Sapevo che il cavallo avrebbe girato nella direzione giusta. E il cavallo si mise a trottare e a galoppare lungo la strada.
Ogni tanto si scordava di essere sulla strada e si buttava in qualche campo, allora io gli davo una scrollatina e richiamavo la sua attenzione sul fatto che era sulla strada che doveva stare.
E alla fine, a circa 4 miglia da dove gli ero salito in groppa, si infilò nel recinto di una fattoria e il contadino disse: ”Dunque è così che è tornato quello scemo. Ma dove l’hai trovato?”, e io dissi:” A circa 4 miglia da qui”. “E come hai fatto a sapere che dovevi venire QUI?”. ”Io non lo sapevo”, risposi “Lo sapeva il cavallo. Io non ho fatto altro che mantenere la sua attenzione sulla strada”.